mercoledì 27 luglio 2011

Gazze ladre e stelle...

Me ne vado zigzagando dalla piscina a casa, troppo sole oggi. Ma l'estate chiama e l'acqua e l'illusione di non essere troppo distante dal mare.
Che poi, questo, é tra i pochi piaceri che mi sono rimasti, integri, intoccabili. Nemmeno il fantasma puó con il desiderio di sognare una marea che sale e scende, una spiaggia all'alba piena di telline e poi, quando le ore cavalcano l'azzurro dell'orizzonte, il calore del sole sulla pelle, ardente, il fuoco della vita.

É pieno di gazze ladre questo paese: corpi lucidi e neri e petti bianchi, in attesa sul filo della luce o tra gli alberi, aspettando che un raggio monello illumini e faccia brillare le cose.
Un pezzo di vetro o un diamante sono quasi uguali sotto il sole ed il loro valore é proporzionale al loro luccichío.
Forse in un'altra vita sono stata anch'io gazza ladra. Lo presumo dall'interesse che ha per me qualsiasi cosa che brilla, che sfaccetta la sua ricchezza (che importa se solo presunta?) sotto i raggi del sole.
Ricordo un cuoricino di vetro che avevo da bambina e che con la luce si rivestiva di mille colori, come un arcobaleno.
Davvero mi sembrava che dal mio collo penzolasse l'intero creato e le sue sfumature...e mi sentivo cosí ricca!
Adesso ho un piccolo cuoricino di cristallo che non metto mai, chissá perché.
Eppure, continuano ad affascinarmi i riflessi e le ombre, i colori sovrapposti e leggeri, quasi un'illusione ottica.

Anche le stelle sconcertano la mia fantasia, forse piú del sole perché si lasciano guardare.
E nonostante non sia un animale notturno, una lucciola bramosa di buio per potersi illuminare, quando posso e ci riesco le spio, sbadigliando l'amore che sento verso il giorno, ma con un rispetto che é quasi reverenziale.
Le stelle...che sembrano trapuntare il cielo, piú preziose dei diamanti, lucenti come le lacrime, bianche come un sasso illuminato dalla luna sul greto di un fiume...bianche come il ghiaccio eterno quando eterne non sono, vivono e muoiono, un po' come noi...ma quanto sono piú belle e pure di noi!
E intanto, lontano dagli occhi e dal cuore, quasi quasi muore un altro giorno...uno di meno verso altre stelle...
Saluti e baci...

La valle...

Quando chiudo gli occhi vedo una vallata grande, estesa sotto di me.
Percorro un ponte che non sale e non scende, ma scivola verso uno sconosciuto destino.
La valle emerge dal niente, come un raggio improvviso, la luce di un lampo nella notte.
E quel verde, mattutino, gocciolante di rugiada, fresco, un gelato al pistacchio sciolto sulla terra, mi conduce piano all'idea della nascita.
Sembra un campo di grano, germogli che daranno frutti, ma che ora altro non sono che docili fili d'erba scolpiti nell'aria tersa.
E la valle sale in un pendio che arriva al monte mentre io continuo il mio cammino sul filo fragile dell'ignoto.
Dove vado non si sa.
Forse é un sogno, uno di quelli che non bussano e non timbrano il cartellino per cominciare il loro turno nelle ore silenziose della notte.
Solo un'immagine. Perché i sogni non li decidi, li sogni soltanto, inerme davanti alla forza dello spazio onirico.
Invece, la valle sta lí, estesa nell'immensitá di se stessa.
Va e viene con un battere di ciglia: apro gli occhi e scompare, chiudo gli occhi e ritorna a darmi pace, conforto, tenera pacatezza.
Sará un ricordo, un momento che vissi un giorno e che non c'é piú.
Nemmeno: la valle é lí, chiudo gli occhi e ritorna, automatica come automatico é abbassare le palpebre e riposare.
Un ponte. Da lí osservo il verde e il mio silenzio che é il suo. Quel che io ascolto é soltanto un eco prestata.
Sto andando a casa, ecco.
Scoperto, lo sconosciuto si fa forte della sua trasformazione e non é piú tanto docile da maneggiare.
Non c'é piú la valle, il verde giá é giallo. Il grano giá raccolto, l'estate corre e corre...
E io sono giá a casa...
Saluti e baci....

mercoledì 13 luglio 2011

L'assurdo Belpaese...

Il vento che forse preannuncia il temporale, bussa all'uscio della finestra aperta e tutto si muove, si agita nell'aria come in un vortice fatto di fiato.
La tenda sembra cosa viva e le pieghe blu increspano il colore del cielo.
I fili tessuti da chissá quali sconosciute dita, sembrano ricomporre, di nuovo, la tela sottile, trasparente come l'aria stessa e le foglie che qui e lá fanno scivolare le loro molecole d'oro nel blu, sembrano staccarsi da un infinito autunno colorato d'ambra.
Il cielo, intanto, si scolora ed é l'azzurro, ora, che rincorre il bianco delle nuvole che, come ventagli perlacei, si muovono e si trasformano nel vento.
Vorrei essere io stessa, lassú, nuvola e vento e avere nelle mie dita il potere di tornare da dove sono venuta, un giorno di un gennaio ormai lontano.
Ma non certo perché qui mi manchi l'amore che nella dolcezza della mia casa solitaria vicino al mare neppure fantasiosamente mi sfiorava. No.
É soltanto la terra che chiama, é soltanto nostalgia.
Quello stivale peninsulare, circondato da tanti mari, acqua uguale a se stessa e differente, sempre, onde che invocano il signore dell'abisso e rispettano i suoi segreti; terre e isole fantastiche ripiegate su se stesse e la propria antica storia...
Regioni del nord con il loro gelo, valli con castelli che si specchiano nel lago, ghiacciai in movimento e cime eterne, alte come il tetto del cielo.
Boschi di larici, abeti rossi e pini, secoli di radici che si fondono con le zolle di terra.
E unghie di genti testarde che, graffiando, rubano il cuore alle montagne.
E seppero ricostruire le loro vite insieme alle case quando la terra, dal profondo della sua anima, scosse la rabbia e i dissapori dal suo groppone vecchio e si aprí all'improvviso, come scatola rotta, inghiottendo, con fame divoratrice ed ingorda, paesi e cittá ed il cuore battente di ogni essere vivente.
O quando la montagna, la terra e le pietre, col bosco intero, scivolarono nell'acqua della diga e l'onda che si produsse sommerse interi mondi e vite: famiglie, paesi, cose e persone...in un istante furono soltanto frammenti di ricordi.
Ma la testardaggine sopravvissuta alle stesse generazioni, ripercorse le menti e i cuori, scosse di nuovo la grandezza del disastro e ricostruí. Ricominció la vita...

Profondo nord di padroni, ma anche di operai che vivono pesanti giorni con la leggerezza di un istante o di un'idea.
Lombardia, terra di dominanti e dominati, di imperi barbari e vincenti, di Ostrogoti e Visigoti, di Galli e Longobardi. Gente fiera e libera che mi ha visto nascere, mi ha dato un accento e un dialetto che non so nemmeno ben pronunciare, ma che nonostante tutto é la lingua dei miei avi, padri e madri che m'hanno insegnato l'orgoglio della libertá, la cocciutaggine della giustizia.

Nord di leggende urbane che raccontano la sua imperturbabile sensibilitá, l'altezzosa distanza nelle sue azioni...ma sono soltanto miti di epopee presunte e giá appassite.
Nord di polenta gialla come il sole, alimento fedele della sua dignitosa povertá e di filande e vecchi contadini ormai soltanto ricordati nelle stanze dei musei.

Piemonte monarchico che ricorda e si vanta ancora degli antichi fasti di re disertori e rinnegati, ma anche di parchi e cioccolato, mascherine e gianduiotti, automobili e fabbriche, operai stanchi e signorotti capricciosi e viziati
.
L'Emilia e la Romagna, grasse di prosciutti e mortadelle, fatte di portici e contrade, di cantautori e uomini leali che hanno lottato e vinto nelle guerre per la libertá.
Terre di saggi ed universitá, di saltimbanchi e poeti, musicisti e lirica austera. Di registi geniali e di storie cantate sulla riva del mare. Un mare stanco che ti lascia camminare fin quasi dentro il suo mistero quando, il mattino, la bassa marea lascia fare, ti permette toccare l'anima fragile dell'Adriatico cordiale.
Spiagge bianche di sabbia e telline, d'ombrelloni e sdraio, di abbronzanti e larghe estati che finiscono in agosto quando i salariati di Milano tornano a casa lasciandosi dietro il mare ed un sogno.

E poi il Centro, rinascimentale ed elgante, regioni che hanno segnato la storia dell'arte autografando manoscritti e pitture, quadri e statue di marmo d'un bianco lucente e incandescente: Marche Toscana Umbria Marche ed Abruzzi, terre di maestria e olivi, musei e cinghiali, formaggi stagionati nelle fosse scavate nella terra e grotte di antiche stalagmiti e stalattiti. Di poeti padri della lingua, quell'unione armonica di vocali e consonanti che sempre sembrano comporre il suono di un desiderio.
E di montagne, gli Apennini che vanno fino alle Ande negli scritti del poeta. Di piccoli borghi medioevali che racchiudono la storia e l'ingegno di geni reazionari attraverso l'arte che continua a tracciare la loro vita nel continuo fluire immortale del ricordo.

E poi il sud caldo e piccante, pepeoncini e pasta, aglio e pesce spada, marionette che nelle vie dei borghi recitano ancora antiche gesta.
Sicilia Campania Calabria. Molise Basilicata e Puglia. mozzarelle e pomodori, peperoni e melanzane in un concerto strabiliante di colori e d'odori.
E mare verde come é verde lo smeraldo, come un prato ondeggiante nel quale rieccheggiano le urla di naufragi e canzoni di sirene, faraglioni come giganti di pietra in mezzo all'acqua e voglia di continuare a navigare...
Cittá frustate da re e feudatari o da politici corrotti. Da una mafia che uccide piú di un cancro.
Ma fatto anche di gente nobile e coraggiosa, austera nei silenzi e nelle parole...uno, nessuno e centomila...cosí é, se vi pare...

E poi c'é Roma, Caput Mundi, la cittá eterna e la mia capitale: fontane che rincorrono ancora i ciak di Fellini, d'acqua che suona sbattendo contro le monetine gettate dai turisti. Mastroianni ancora vive la Dolce Vita notturna di una cittá che non muore; Giulietta ancora rincorre gli spiriti o s'immalinconisce sulla Strada dove troverai sempre uno Zampanó pronto ad ingannare.
E il Colosseo conta e riconta i suoi gatti aspettando di rinvigorire i suoi sassi stanchi in un'era di splendore.
E gli archi di trionfo, il Pincio e il Tevere che corre, vendono, ora, pizza al trancio e santitá.

E Napoli che per me, nipote figlia e sorella del Nord lattiginoso di nebbia, non é sud e nemmeno nord, ma soltanto Napoli la bella, madre di scugnizzi furbi e intriganti, ammazzata dalla camorra e dai rifiuti e rinata, ogni volta, nel profumo di una sfogliatella o di un babá che gocciola di rum. O nel fresco ghiaccio bianco di una granita di limone, fine come l'orizzonte che intravedi dal Maschio Angioino.
Mentre scende da Posillipo uno scanzonato canto d'amore e nei quartieri Spagnoli la roba stesa ad asciugare, da una finestra all'altra, si lascia accarezzare dal vento, nei vicoli e in galleria si spande prepotente l'odore del caffé forte che sostiene il cuore di questa nobile creatura.

Ecco, questa, oggi e sempre, é e sará la mia nostalgia: Italia di poeti navigatori e santi, di banditi e buona gente dove, per fortuna, ci sono pochi "Cavalieri" ma tanta folla stonata che, a volte, pare perdere il senso del proprio esistere.
Ma soltanto a tratti: poi si sveglia e dichiara apertamente il suo sconforto per una schiera di mercenari che la governa e che non la rappresenta.
Di lei, dell'Italia, come di un vecchio amante, ricordo solo le cose belle. Le brutte, le fandonie e i pettegolezzi, le ho dimenticate forse per amore o, chissá, per uno strano presagio di sconfitta. 
 
 
E il vento soffia e soffia ancora, con incipiente violenza, gridando la sua rabbia e spostando ogni cosa al suo passare, qui, a migliaia di chilometri, lontano da casa.
Ma non mi sposta, a me che vorrei: mi lascia qui, mentre fuori quasi infuria la tempesta, il cielo si nasconde nel sole, il sole dietro le nuvole, le nuvole nell'infinita lontananza...e il salice piange, gocciolano le sue tristezze e, nel vento, si sente una canzone..."Parlami d'amore Mariú...tutta la mia vita sei tu..."
Saluti e baci...

lunedì 11 luglio 2011

L'onda...

Come se ancora, o di nuovo, vivessi vicino al mare. Anche se é soltanto una piscina.
L'acqua scivola su di me come se anch'io ne fossi parte.
Come se fossi una goccia gonfia di trasparenza e in libertá fluissi da una sponda all'altra.
Come se i pensieri e la mente stessa si fossero liquefatti nel grembo immenso dell'essenza liquida che corre, si muove ondulante, si dissolve e si ricompone, anche se soltanto nella mia fantasia veloce.
Eppure il mio elemento, la natura del mio esistere, é o dovrebbe essere la terra, la Madre, dove gli alberi frondosi scavano la culla alle loro radici e, nel profondo cuore della terra stessa, innescano il meccanismo della vita.
Invece, il mare e l'acqua mi chiamano e non confondono mai il mio nome.
Sia dolce o salata, fonte o abisso infinito, l'acqua e il suo zingaro movimento, la sua corsa verso il niente o il tutto sconosciuti, mi canta le sue storie, compone su di me i suoi versi di poesia.
E io sento di appartenerle.
Mentre, lontano, la campana di una chiesa suona.
Saluti e baci....

mercoledì 6 luglio 2011

La salvezza....

Non pensavo davvero che questo piccolo computer, grande quanto una scatola di cioccolatini, con uno schermo cosí piccolo da sembrare lo specchio di una bambola, sarebbe diventato il tramite e il mezzo per tornare a respirare.
Adesso che i pomeriggi si sono fatti lunghi, mentre la luce dura quanto la lettura di un ininterrotto romanzo d'appendice e il caldo abbraccia con ferrei artigli, intransigente e rigoroso, adesso é proprio quando i momenti si fanno eterni e i silenzi di chi, mio malgrado, m'accompagna diventano magma incandescente che mi cade addosso.
Allora, nel profondo sconforto che porto appiccicato addosso quando devo condividere con "il fantasma" i miei spazi e il mio tempo, trovo pace scappando quassú, tra la finestra e l'abbondanza di cielo che ci separa dall'infinito; ricompongo, di nuovo e finalmente, quel che avevo ed ho perduto, quella solitudine che sempre ho rispettato e alla quale appartenevo...prima dell'uragano che si é gettato scrosciante sulle nostre vite, senza chiedere permesso, senza bussare, facendo e disfacendo ogni cosa, confondendo le regole con la disarmonia, l'ordine con il caos.
Non c'era voluto tanto tempo perché José ed io imparassimo i bisogni e le necessitá l'uno dell'altra; nemmeno c'era voluto tempo per imparare a rispettare le nostre diversitá, ad accettare il nostro essere due poli negativi, due sfigati insomma per farla breve! Ma ci abbiamo sempre riso sopra ammettendo che le regole del meno per meno da piú con noi due non funzionano, non hanno funzionato e non funzioneranno!
Ma, come dico, era soltanto questione di sapersi ridere addosso, accortocciare le proprie sventure come si accortoccia un fumetto giá letto. E poi, come non ricordarlo!, sempre dalla nostra, áncora nel mare, c'era e c'é questo profondo amore, incomparabile e incontaminato...nonostante tutto.

E poi é arrivato lui, "il fantasma", e tutto é cambiato: la pace anelata é diventata guerra fredda
Ci si sveglia col magone perché non si sa mai cosa possa succedere, qual'é l'ultima inutile intuizione, quale l'ennesima idiozia.
Ed io sono stanca di cercare scuse che giustifichino i suoi comportamenti scorretti, le distrazioni che durano ore e giorni, la pigrizia che tiene continuamente incollata al suo sguardo nelle non-azioni.
Stanca e confusa, silenziosa per non gridare, continuamente all'erta...e sono stanca perché non c'é una soluzione plausibile, perché tutto comincia e tutto finisce...ma quando?!?
Allora, la stanza diventa un'oasi di riposo dal pensare e pensare e pensare e scrivere l'unica maniera di mettere una virgola nei discorsi senza fine, sempre quelli, sempre uguali, ma anche e soprattutto inutili.
Cosí anche oggi sono qui, aggrappata come un naufrago al mio silenzio, all'isolamento nel mio arcipelago privato cercando disperatamente quel che avevo e non ho piú: il mio spazio vitale.
Saluti e baci...   

lunedì 4 luglio 2011

La stanza...

Qui di sopra nella mia stanza che sembra essere l'intervallo tra il rumore ed il silenzio neutro del cielo, in alto, mentre grida e baccano salendo su si sfumano nelle nuvole accortocciate su se stesse, mi godo la solitudine benevola della quale ho bisogno.
Scappare da tutto, da tutti, per riunire in poche parole pochi pensieri, disordinati ma miei, senza intromissioni che s'infagottano di niente e mi disturbano, senza lo sguardo banalmente vuoto di chi guarda e non vede...
Mi dispiace, continuo a scappare. Ma non c'é altra via per incontrarmi, per dar fondo e libero sfogo a quei quattro stracci di idee che ancora rastrello e conservo nella mente; non c'é altro modo di coincidere con me stessa senza sbandare e cadermi addosso.
Perché "il fantasma" si é catalputato nella nostra vita quale orda barbarica che va alla guerra e ha sconvolto ogni cosa, scompensando l'equilibrio e gettandoci nel caos che sembra non dover mai finire, eterno e infinito come lo spazio sconosciuto.
Un universo di sensazioni che sfuggono a qualsiasi ragione e si spandono stillanti di rabbia, malumore, sconcerto, disordine mentale, fastidio e indignazione.
E intanto, tutto questo andirivieni scalcinato di emozioni si fa breccia e riesce ad entrare dominando ogni istante come se le nostre vite, la mia vita, fosse al suo servizio e dovesse per forza obbedire ai suoi errori, alle sue cento idiozie, alla sua pigrizia senza limiti, al suo grattarre la vita dal divano.
Da quassú, invece, tutto mi appare lontano: il sole filtra leggermente dalla finestra-obló, il blu profondo della tenda si arriccia in piccole sfumature, il contorno delle foglie diventa d'oro e risplende, sontuoso, come un ghirigoro vistoso sulla tela.
Non sento i rumori dei bambini che si tuffano in piscina, non sento nemmeno una voce implorare d'essere ascoltata, nemmeno una risonanza: il silenzio gocciola pacato ed armonioso su di me lasciandosi dietro una scia di sonnolenza composta e distante...
Finalmente sola, libera di ridere o piangere, di  sorprendermi e scompormi, di pensare e scrivere, "di solito ho da far cose più serie, costruire su macerie o mantenermi vivo..."e giá, poterlo fare, sarebbe sufficiente...
Saluti e baci...