giovedì 25 novembre 2010

Odisseo

http://www.youtube.com/watch?v=-MtMsu7nRkE

Ho scelto d’iniziare con questa canzone perché volevo fare un omaggio ad un amico, uno di quelli che ti seguono e sembrano guardarti o spiare i tuoi passi da lontano, uno di quelli che non hai mai visto in faccia, ma che pare conosca tutte le rughe che hai, intorno agli occhi o alle labbra per aver troppo pianto o troppo sorriso.
Uno di quelli che sembra distante, ma è più vicino di quelli vicini.
Perché un libro o una canzone sono stati i miei amici di sempre, la compagnia silente di giorni persi nell’ombra di un ricordo o nelle sfaccettature del presente.
E questi libri e queste canzoni scritte da altri, questi amici lontani, vacillano se tu ti senti perduta, sono rocce se tu ti senti sicura, sono gracili fotografie in un album di ritagli.
Sono loro, gli amici sconosciuti che parlano in linee morbide su pagine che una volta erano bianche, che ispirano i tuoi pensieri, che coprono le tue incertezze, che ti dicono come e quando altri esseri umani, tanto diversi o perfettamente uguali a te, hanno avuto e vissuto gli stessi dubbi che seguono, stanchi e perversi, la storia d’ogni uomo pensante.
E sono quegli stessi amici che attraverso le canzoni cantano con la loro bocca la tua storia…è strano, no?
È incredibile ritrovarsi nelle strofe di altri, nelle frasi ritmate di un ritornello, nella melodia di un altro suono che pensavi appartenesse a chi l’ha scritto: invece no.
Come figli svezzati, le canzoni ed i libri volano via, non sono più tuoi, ma di tutti quelli che hanno voglia di leggere, d’ascoltare, di condividere.
Per questo e per molto altro considero il Guccio un amico, un amico leale che probabilmente non può tradire perché il rapporto è di quelli che non si toccano, che soltanto si respirano con i polmoni di un’emozione.
Oggi ho scelto questa canzone, “Odisseo”, perché dal primo momento in cui incontrai Ulisse sul mio cammino, anni ed anni fa studiando Omero e la sua storia triste di lacrime ed inganni, mi accorsi che lui era me, che io ero lui nel cammino e nella storia del mondo che si ripete e si intreccia.
Così, il suo destino di navigante verso un desiderio sconosciuto, è stato il mio per anni ed anni, quando sulle ali di un aereo navigavo i mille cieli infiniti cercando un destino conosciuto o sconosciuto, la differenza è poca. L’uguaglianza sta sempre nel cercare, nella ricerca costante di un infinito che sia il più prossimo possibile, che sia una certezza nella vacuità di quello che sembra non possiamo sapere.
O su un treno varcando stazioni, campi arati e pianure, valichi invalicabili e montagne…fino ad arrivare al mare,un mare che sembrava aspettare il mio arrivo o il mio ritorno e che cantava con le onde sbattute sugli scogli la loro e la mia storia.

"Ma nel futuro trame di passato si uniscono a brandelli di presente,
ti esalta l’acqua e al gusto del salato brucia la mente
e ad ogni viaggio reinventarsi un mito a ogni incontro ridisegnare il mondo
e perdersi nel gusto del proibito sempre più in fondo..."


Ulisse, anche lui, invidiava l’infinito da conoscere, accarezzava e sospirava il sogno dell’impossibile perché era l’uomo, l’uomo che cerca e non trova, l’uomo che va percorrendo la sua strada a caccia di un’altra strada dove trovar soluzione al suo vivere.
Però, sempre si torna al proprio esistere, sempre si ritrova il percorso, la via giusta verso una nuova prospettiva che molte volte è l’antica, quella da seguire.
E io ho trovato il mio posto, qui, in un paesino nel fronte occidentale dell’Europa, tra montagne, pigne e faggi e mandorli e lontano dal mare.
Ho trovato la stazione d’arrivo, quella dalla quale, forse, sono partita un giorno, chissà, e dalla quale  non ho voglia di ripartire anche se a volte è difficile poter soltanto ricordare le facce di chi ami e che sono lontani, il caffè della mattina bevuto in piedi, in un bar nella piazza, caldo e forte mentre senti da lontano l'urlo del mare…la pizza con quattro amici a cui raccontare i tuoi pensieri senza cercare le parole.
Ma tante volte ho detto e scritto che quel che ho lasciato è molto meno di quel che ho incontrato, ed è vero, non lo dico perché chi lo legga si senta tranquillo,no. Lo dico con la certezza della condivisione quotidiana…anche Ulisse, alla fine, è tornato nella sua Itaca perché lì c’era chi l’aspettava.
Saluti e baci....

Lucio Battisti - Io vorrei... non vorrei... ma se vuoi

"Vorrei,non vorrei,ma se puoi..."

Vorrei riuscire oggi a raccontare cose belle: come i fiori di gelo che il ghiaccio, durante la notte, ha ricamato con grazia e costanza, sulle foglie già scure, spezzate dai passi e dal freddo; come il cielo chiaro, senza nuvole, che copre come un tetto il mondo sottostante, la luce che emana dal sole che nasce dietro le case, sfiorando con i suoi raggi obliqui il bosco e le colline.
Cose belle come l’odore che lascia il freddo, frizzante ed evanescente, che si contrappone all’odore spesso della legna bruciata nei camini; come l’aria immota che, nonostante il sole, ha odore di neve, bianca e pallida, che presto si poserà qual beata chimera tra la terra ed il cielo.

Invece, dolori forti mi accompagnano anche oggi, come spasmi nelle ossa, zoccoli pesanti che portano in giro un corpo stanco, direi stufo di star male.
Ma anche questo serve a far sì che i giorni e le notti spesso insonni acquistino il loro valore, come ogni cosa che nasce e cresce sotto questo cielo.
D’altra parte, è pur vero che il dolore offusca la mente, non metaforicamente, ma con reale aggressione: crea come una cappa di sudore stillante, un mantello che senza considerazione alcuna copre ogni cosa, ogni gesto, ogni azione che ti proponi fare, tutto assiste e chiede permesso al dolore.
Re, sovrano del corpo,  s’appropria della mente in ugual misura e,si sa, se la mente non risponde, il corpo vale poco, e viceversa, se la mente accude alla chiamata, il corpo a volte si dimentica dell’appuntamento: e siamo sempre lì, nello stesso groviglio d’intenzioni, la mente senza il corpo ed il corpo senza la mente, sono due componenti che, agendo in solitario, possono far gran danni.
Spero soltanto di tener quella forza necessaria che, dominando l’impulso del dolore, mi permetta controllare almeno parzialmente gli atti e i pensieri di questi due gigolò che mi porto a spasso, la mia mente ed il mio corpo, epicurei nel vivere e indomabili guerrieri al tempo stesso.

Insomma, mi spiace non essere spesso una piacevole compagnia, nemmeno io, del resto, sto ben accompagnata in questi giorni: chiedo venia, perdono e carezze, anche se da lontano, carezze che mi aiutino a non cadere continuamente, che mi guidino nel cammino se la forza manca ed ho bisogno di un bastone.
Non mi vergogno, chiedo aiuto a volte senza intromettermi troppo, cercando di non disturbare perché ognuno vive nella propria vita il proprio dolore e non è giusto caricare sugli altri il bagaglio che è tuo.
Nonostante, rimango qui a far dei miei giorni una cronaca vera, senza bugie e con la verità nelle dita, scrivendo quel che sento e quel che invece vorrei sentire, ma con la certezza di non essere mai totalmente sola.
Saluti e baci….