lunedì 31 gennaio 2011

La cotoletta primavera e non solo...

Il vento spazzola i capelli, li spettina, niente vale: con le sue dita curiose, cerca una forma, quasi uno stile personale che nessuna lacca o gel riuscirebbe a fissare.
E il sole, laggiú in fondo, dove lo sguardo muore nei miei occhi miopi, accende una luce ansiosa su un paese senza nome per me.
Ma lo disegna, ora, come se fosse nuovo e non costruito nei secoli passati. Per me, continua ad essere un'immagine rinnovata nella luce.
Fa freddo perché il vento prova ad inventare traiettorie nuove per vecchi giochi, sempre quelli.
Sei tu, io, che ogni volta li sente, li sento diversi; che li vive, li vivo come una nuova esperienza.
Sembra infantile vedere giochi nelle corse del vento, ma qui, lontano dalla cittá, ogni cosa che vedo diventa originale e unica, diversa e spirituale.

Sto scrivendo molto, quasi quotidianamente, una storia che, come tutte le altre, ancora non ha titolo. Le altre, le molte giá concluse, rimangono lo stesso anonime come tutto ció che non ha nome.
Chissá se un giorno verrá l'ispirazione magica e riusciró a dare nome agli eventi, che ho vissuto e reinventato per farli diventare storie.
É difficile, complicato, incasellare con un titolo una storia: per me almeno, non é difficile raccontare. Invece sí mettere un punto, come scrivere la parola "Fine" ed incasellare parte della vita in un semplice titolo, che invece semplice non é perché attraverso una semplice traccia d'inchiostro dai una direttiva che servirá a far capire.
Per me che, quando compro un libro mi fisso incantata sul titolo, diventa impossibile trovarne uno alle mie storie.
Ho pensato che potrebbe essere perché non voglio concludere un discorso cominciato. O forse, piú semplicemente, non ho sufficiente potere di sintesi...dev'essere questo...
Intanto ho preparato la vinagrette "primavera" che servirá d'accompagnamento alle cotolette: pomodorini, cetrioli, peperoni tagliati a dadini piccoli. Poi tre parti d'olio e una d'aceto, sale e una sforchettata veloce per emulsionarli insieme, come a sbattere le uova per una frittata ed infine, come una sciarpa colorata, metterli al lato e sopra la cotoletta come a definirne i contorni...cosí mi sentiró un po' a casa, con un sole pallido che non scalda, la nebbia che s'infila negli angoli fin dentro al cuore, grigio il mondo intorno...peró a casa.
Saluti e baci...

venerdì 21 gennaio 2011

Giorno assonnato...

Giorni come oggi, uno spera che nella, settimana o nell'anno, non ce ne siano tanti. Perché? Perché mi sento come spezzata in due: il corpo da una parte e la mente dall'altra come fossero componenti di due oggetti distinti e non di un solo essere che, si presume almeno, dovrebbe usarli all'unisono.
Invece oggi il mio corpo va per conto suo verso strade in salita, stanco, arrancando come una vecchia macchina che sbuffa e sbuffa senza mettersi in moto. É un ferro vecchio che prova e riprova a cercare, da qualche parte, una fonte d'energia che lo spinga dato che da solo non riesce a muovere un passo.
La mente, invece, almeno, non rinuncia al suo status dominante e manda stimoli e suona campanelli... ma il corpo, senza far finta, non li sente.
Non so cosa succeda, a volte mi sento cosí: fragile anche se forte nella volontá.
Stamattina mi sono svegliata e stavo bene. Avevo deciso d'uscire. Il giorno é meraviglioso: c'é un leggero venticello, di quelli di montagna, frizzanti come acqua che zampilla ed il cielo é di quell'azzurro intenso che soltanto la realta naturale puó spennellare. Il sole é una palla che spruzza luce viva e intensa sopra ogni cosa, cinge come una sciarpa fosforescente le montagne in fondo all'orizzonte.
Dovevo uscire, andare a comprare i mandarini e il pane...invece, ad un certo punto mi sono accorta che non ce la facevo, che non avevo voglia di vestirmi ed uscire.
Mi sono guardata allo specchio ed ho visto una faccia bianca e stanca: non era oggi la noia, era stanchezza vera, di quelle che ti paralizzano.
Cosí ho deciso almeno di preparare qualcosa di particolare per il pranzo, ma non so se l'esperimento riuscirá cosí come l'ho pensato: medaglioni di merluzzo con accompagnamento di fettine di patate, gamberi e una salsa di pomodoro in agrodolce. Veramente, sarebbe giá tutto pronto, solo devo montare il piatto e scaldare alcune cosine...chissá...magari domani ve lo racconteró, adesso ho di nuovo voglia di riposare...
Saluti e baci...

martedì 18 gennaio 2011

Tra patate lesse e letture...

Si potrebbe dire che la mia mattina é stata fruttuosa, il libro cominciato ieri é quasi finito.
Adesso riposa sul poggia-braccio del divano e il verde del velluto, il bianco della pelle, lasciano libero l'ardore sfumato,giallo e grigio, forse con macchie marroni, della copertina dove si legge, sotto al nome dell'autore, il titolo, "La profecia 2013".
Bel libro, cominciato ieri sul metró che da San Sebastián de los Reyes mi portava a Madrid e quasi finito, ne rimangono una manciata di pagine.
Uno di quei libri che, iniziati, non puoi lasciare, te lo impedisce qualcosa che non é soltanto curiosita di vedere come va a finire: é curiositá d'entrare totalmente nella storia, nel vissuto di quei personaggi fittizi che t'hanno accompagnato come fosse gente incontrata davvero lungo il filo sottile della fantasia reale.
É la voglia di non perdersi il finale, anche ed ovviamente. Di non lasciare l'isola di Patmos dopo errabondi giorni a Samos o in quel paesino dell'Albania dove m'é venuta una gran voglia di riposare, almeno durante un tempo: Saranda, il teatro greco di Butrint...
Strane magie escono sotto forma di parole da questo libro.
Una é sicuramente quella che mi spinge a lasciar tutto da parte e terminarlo; l'altra é la sconvolgente profezia della fine di questo nostro pazzo mondo attraverso le lettere di Jung...insomma, una serie di interessanti vicende che mi hanno e che seguono conquistandomi.
Quando finiró di leggerlo, resterá un altro vuoto, come sempre dopo la pioggia di idee che mi dá incontrarmi con la parola scritta per poi doverla riporre nello scaffale della biblioteca per comincire un altro viaggio verso altre righe.

Ma adesso vado a preparare il pranzo: un'insalata campera che ha per ingrediente base patate lessate, leggermente calde, tiepide, alle quali si unisce la freschezza del cetriolo e dei pomodorini cherries, entrambi tagliati a dadini piccoli. E poi la potenza saporita e odorosa del peperone, rosso e verde, tagliato a striscioline sottili. Poi olive verdi a rondelle per rialzarne il profumo e tonno a tocchetti, non sminuzzato, per favore...
Il tutto condito con una vinagrette, basica: tre parti d'olio e una d'aceto....
Ho fatto il pane. Ancora svolazza per la casa, dalla cucina al salone, senza ritegno, l'amorevole gusto della sua fragranza antica.
Ghiaccio dormicchia e sogna sul tappeto che ricorda un prato verde, erba morbida sotto i piedi.
Ed io, ancora incantata, vado a preparare il pranzo, il cibo che, come ogni giorno, é una promessa d'amore.
Saluti e baci... 

domenica 16 gennaio 2011

I giardini di gennaio...

La luna, stamattina, sta, come un'altezzosa signora, proprio sopra la piscina: una parte della sua faccia rotonda, ancora, si nasconde dietro i rami dei pioppi che, nonostante l'illusione di primavera proclamata ad alta voce da questo strano mese di gennaio, stanno ancora dormendo il letargo del tempo, come ignari, seguendo il loro ciclo che stranamente non coincide con il tepore che soffia leggero.
Come sbadiglia il silenzio tra le ore sfilacciate del mattino e come è strano per me accorgersi ogni volta che il giorno qui nasce tardi, come se la notte non avesse la capacità d'intendere la luce e si soffermasse un po' di più a raccontare storie che si nascondono nella tenebra vissuta.
A volte, soltanto a volte, mi piacerebbe tornare a casa, quella che per me era la casa, vicino al mare. Ma non qualsiasi mare: la pozza dell'Adriatico, poco profonda e piena di sassi, quando da Rimini scende giú nelle Marche ed arriva poi fino a Numana. Ho nostalgia di quegli scogli e di quell'accento strascicato e confuso, ho nostalgia dei posti, non certo delle persone perchè quelle vivono al Nord, dove il Po si trasforma e comincia a correre verso quella che sará la sua fine, verso il mare.
Invece sto qui ed amo Madrid soprattutto, la città che ammalia i turisti e che li trasforma tutti in esseri notturni votati alla confusione primordiale del ballo e delle risa.
Invece a me di Madrid piacciono i suoi toni di verde, i parchi e i giardini, le fontane e i palazzi così bianchi nel riflesso e nelle ombre che disegnano i raggi del sole quando gli cadono addosso incoscienti.
Mi piacciono le gazze ladre, uccellotti cicciosi, bianchi e neri: ho sempre detto che in un'altra vita sono stata gazza ladra perchè tutto quel che brilla attira irrimediabilmente la mia attenzione...o orso polare, che incredibile dicotomia di sentimenti!
Così, tra gazze e palazzi, ciuffi d'erba e cielo azzurro che si tuffa direttamente negli occhi, passano le ore, seduti su un muretto ad ascoltare sinfonie di e da strada, nelle corde di una chitarra classica spagnola che, sulle dita di uno sconosciuto, intona il "Concierto de Aranjuez" e l'Adagio di Albinoni.
Una magia musicale incontrata per caso aspettando l'ora dell'entrata al Museo.
L'oggi si confonde con ieri nella scrittura, le due cose si fondono in un abbraccio e io, quindi, con passi vellutati me ne vado, aspettando che si faccia giorno.
Saluti e baci...

L'intimitá del'impressionismo...

Oggi mi dedico piú tempo perché ne ho bisogno, perché ho voglia di "esprimere impressioni".
Forse la causa o il beneficio, viene dalla visita mattutina al Museo Thyssen nel Paseo de Prado a Madrid: siamo andati a rifarci gli occhi e a colorare il cuore, non si potrebbe spiegare meglio. A vedere la mostra che si intitola "Los jardines de los impresionistas"...che meraviglia! Quanti colori e come si zittisce la voce davanti alle parole non dette di tante macchie di colori che arrivano, come dardi di nuvole rosa, fin dentro l'anima! Rimani a bocca a perta, non ti importa nemmeno spiegare quello che senti, le "impressioni" che si stampano e volano, come in incantesimi usciti da pastelli di cera, direttamente nei tuoi occhi per scendere poi giú, sulle labbra che non sanno piú quel che vorrebbero dire e, magicamente, si trasportano dalla parete al tuo piú nobile silenzio.

Ecco, ci voleva davvero un'immersione nel mondo delle sensazioni, in quel vivere dove le immagini sono macchie di azzurro nelle ombre, sono il rosa dei petali del ciliegio sparsi a caso, ti sembra, sul velluto verde del bosco...e dietro, sembra che un sole immaginato, stia rilucendo e sprizzando malinconici raggi, come una nebbia fine che copre la tela e la fa brillare di pagliuzze, di scintille di luce...Come spiegarlo? Io, la strega dei colori, la strega che fa delle parole il filtro magico nel suo calderone che danza, ribollendo, sulle fiamme di un fatuo fuoco...io senza parole?!? Sí, nemmeno una perchè é la fantasia che scorre su binari immaginati e immaginabili,dove il silenzio é signore e le parole soltanto damigelle che gli fanno compagnia...che bella mattina:il sole che brilla e scalda come fosse giá primavera una cittá che dormicchia e sbadiglia negli immensi occhi delle finestre, mentre i palazzi vestiti a festa offrono il bianco dei loro muri al cielo blu perchè, attraverso la luce, possa usarli da scenario per altre feste, feste mattutine, nella danza dei colori...
Saluti e baci...

sabato 15 gennaio 2011

Cercando Godot...

"É cosí, le anime inquiete non vivono mai in pace e non è che mi piaccia molto, ma in effetti, da sempre, ho dovuto fare i conti con il mio essere così...a volte invidio, sai, quelli che riescono a vivere persino nella monotonia dell'anima, nell'incoscienza dell'esistere perchè, diciamocelo,vivono molto meglio, in pace direi, una pace che,invece che aspettare alla fine dei secoli dei secoli, cominciano a sperimentare qui, appoggiandosi vagamente alle loro certezze, che magari certezze non sono, ma aiutano a non porsi domande...
Chi vive in confusione sempre, come me per esempio, cercando sempre qualcos'altro, non mi dirai che vive bene...perchè non accontentarsi mai, mi dico spesso?
Abbiamo molte più cose di quelle che molta gente potrebbe sognare in tutta la vita...e quel che manca, è talmente irreale che non so nemmeno spiegare come possa mancare...se non c'è, o non esiste, come può mancare?"
 
Oggi comincio cosí, forse con un po' di disordine mentale, il post, con uno stralcio di mail, una di quelle poche certezze quotidiane, insieme alle telefonate di mia sorella, che mi accompagnano e sulle quali, sempre, so che posso contare. Perchè a volte bastano queste piccole cose, come una telefonata o una mail, per non sentirsi del tutto soli.
Anche questa sensazione di solitudine della quale spesso scrivo e semino concetti, forse è soltanto così personale ed individuale che risulta persino difficile da spiegare ad occhi distratti che non la vedono o a cuori leggeri che non la vivono: eppure, almeno per me, è qualcosa di così concreto che persino le parole, nel cercare di mettere nero su bianco, o rosso su grigio come in questo caso, appaiono quasi inconsistenti, meno reali di quel che per me è la sensazione stessa.
Strano, vero? O quanto meno difficile da intendere pienamente. 
Il fatto è che a volte, direi spesso, mi sento completamente isolata dal mondo e nemmeno so spiegare se è una condizione fisica, di distanza dalla vera e propria modernizzazione data la posizione geografica in cui mi trovo, o se invece, al contrario, è davvero soltanto una posizione rarefatta della mia anima che, anche nella confusione totale, continua a sentirsi e ad essere sola.
Mi succede da sempre. Anche quando il mio lavoro era la gente, anche allora vivevo questa stessa, inconcepibile destrezza umana: l'iolamento dal resto della vita, la totale assenza di compagnia, nonostante l'empatia col mondo che sempre mi ha accompagnato.
Quindi, mi dico, sarà che sono così. Sarà che vivo sola la dipendenza da fattori esterni a me. Sarà la mia normalità essere incapace di sentire, intorno, il calore umano estraneo, a parte, come sempre dico, quelle poche persone che, nonostante la difficile essenza del mio essere, continuano, per amore e con amore, a seguire costantemente e docilmente i miei passi che se ne vanno di qua e di là, che non danno modo di fermarsi a riposare.
Quello sì, nonostante le mie corse, do spazio alla contemplazione degli eventi e del mondo, soprattutto di quel mondo naturale che è l'unico, ancora, a darmi qualche allegria emozionale.
E nemmeno so perchè, in questa domenica mattina in cui il cielo è pulito da ogni nube dubbiosa, io stia qui a raccontare la meraviglia delle mie incongruenze umane, la metamorfosi dell'anima che cerca sempre un infinito troppo lontano, troppo distante dalla piccola realtà vitale.
Perchè anche se me ne andassi, se il posto cambiasse, sono sicura che, da qui a un tempo quasi delimitabile, starei di nuovo insoddisfatta.
Se volessi scherzare e continuare a prendermi poco sul serio potrei affermare, ridendo, che il genio della lampada che vive in me, ha sempre bisogno di nuovi stimoli per praticare le sue magie.
Ma dentro di me non c'è nessun genio, magari un folletto insoddisfatto che cerca nelle scintille di nuovi fuochi, un altro tipo di calore...ma sarà un'altra storia...
Saluti e baci... 

Y yo renaceré...

http://www.youtube.com/watch?v=xY1m-Dpp3Tg        "Io rinascerò
cervo a primavera
oppure diverrò
gabbiano da scogliera
senza più niente da scordare
senza domande più da fare
con uno spazio da occupare
e io rinascerò
amico che mi sai capire
e mi trasformerò in qualcuno
che non può più fallire
una pernice di montagna
che vola eppur non sogna
in una foglia o una castagna
e io rinascerò
amico caro amico mio
e mi ritroverò
con penne e piume senza io
senza paura di cadere
intento solo a volteggiare
come un eterno migratore...
e io rinascerò
senza complessi e frustrazioni
amico mio ascolterò
le sinfonie delle stagioni
con un mio ruolo definito
così felice d'esser nato
fra cielo terra e l'infinito
ah...
così felice d'esser nato
fra cielo terra e l'infinito..."
 
Giá...non ce l'ho fatta proprio, ho dovuto scrivere tutte le parole perchè è una sensazione strana quella che riempie oggi i ruscelli che dal cuore corrono verso il mare o, capovolgendosi, corrono verso i sentieri lungimiranti del cielo...
Perchè oggi, sí, nonostante il calendario rifiuti compararsi col clima, oggi sembra proprio primavera...dicono che in Gran Canarias stanno fiorendo mandorli e ciliegi, i fiori sono sbucati dalle gemme sbucciando, contro il tempo, le scorze dure dei rami e sono lí, misteri di ció che sará.
Siamo andati al parco con Ghiaccio che, nonostante i suoi dieci anni, é sempre arzillo come un passerotto caduto dal nido, zampetta e corre.
C'è uno spiazzo, nel parco, con la sabbia: secondo me, anche nella sua memoria, quando siamo lí tornano i ricordi della spiaggia e delle corse che facevamo, lui ed io, come amici per sempre in una vita che, invece, per sempre non é...
Tante volte parlo di lui, di Ghiaccio, che mi fa compagnia nelle lunghe ore silenziose e riesce persino ad interrompere il mio silenzio e i miei pensieri scorrazzando nelle pieghe piú recondite e profonde dei miei stati d'animo: lui non ha tradito, non tradiscee non lo fará mai.
Gli voglio cosí bene...tanto bene come se fosse parte del mio stesso cuore...
E mentre Ghiaccio corre e a modo suo sogna un mare che non c'é, ci siamo promessi un fine settimana a Valencia, se il tempo regge e sfida le furie proclamate dell'inverno...
Cosí il mare sará, non solo nei ricordi; sará acqua tra le dita e sabbia nelle scarpe...finalmente...
Saluti e baci...  

venerdì 14 gennaio 2011

"Cantami dei numeri la serie..."

Oggi ho visto giocare, nel cortile della scuola, i bambini: giocavano alle stesse cose di quando anch'io ero una bambina, piccola e cicciottella, con le treccine rosse che sembravano quelle di Pippi Calzelunghe, col naso all'insú cercando sempre d'annusare la vita e cose nuove.
Erano i giochi di sempre, bandiera, castellone, al lupo.
Certo avranno nomi diversi, certe sfumature magari rinnovate, ma il senso e la forza del gioco erano le stesse.
Perchè le cose cambiano per rimanere uguali...non era questo il leitmotiv del "Gattopardo"? E non é la semplice storia della vita?
Lo è, almeno per me che vedo crescere le foglie degli alberi, ogni giorno diverse ed uguali, rispettando le regole delle stagioni che passano e vanno via per poi tornare.
Come dice sempre José quando mi lascio prendere dallo sconforto di dover vivere attimo dopo attimo l'inverno: se non venisse l'inverno, dice sempre, come potrebbe tornare di nuovo l'estate?
Che ragione ha, quella ragione che, quando non voglio ascoltare, mi fa venir persino rabbia...
Intanto, la casa si è riempita di profumo di muffins...ti piacerebbero Katis, sono venuti gonfi e dorati, presagio di morbidezza e di sorrisi quando José li vedrá.
Cos'avranno di tanto speciale i muffins perchè a tutti piacciano tanto?
Non lo so, perchè, tra parentesi, a me non dicono un gran che...però l'odore sí, l'odore cattura i sensi, almeno i miei, quello olfattivo e tattile: mi piace odorare e toccare le cose, come una bambina piccola...che è quello che sono rimasta in molte cose...perchè, anche in questo, la vita cambia e ti cambia ma, alla fine, ti fa rimanere uguale, vincolata al tuo essere più antico e profondo...come è giusto che sia, un po' di coerenza almeno nel correre dei giorni verso il loro destino...
Saluti e baci...

giovedì 13 gennaio 2011

Le frecce del mattino

Anche oggi, come ogni mattino, sono uscita presto e ancora il giorno e la notte non avevano definito i loro propri confini.
C'é una zona nella pineta dove né la notte né il giorno entrano decisi: come uno spazio privato, un luogo d'oblío dove la luce gioca con le ombre, ma non s'incontrano mai.
Ghiaccio annusava l'aria: ogni tronco d'albero o ciuffo d'erba, diventa sempre per lui un'esperienza nuova, come se li vedesse e scoprisse per la prima volta.
E c'era un silenzio da panico: sentivo soltanto i miei passi, soltanto ascoltavo le mie scarpe muoversi e spostare sassi e zolle di terra ancora bagnata , fresca d'umidità notturna.
In lontananza, il belato di una pecora solitaria, come un lamento gutturale, spettro di un rumore nel silenzio che avvolge ogni cosa.
E il canto di un uccello, un pianto lento e pietoso mai ascoltato prima.
Ho avuto quasi paura perchè i rumori si spargevano come semi tirati da una bisaccia di corda, e tutti arrivavano dal niente e nel niente tornavano a nascondersi.
Però, arrivati in alto, mentre Ghiaccio correva già cercando l'odore di casa, mi sono accorta che passeggiare, il mattino, vale sempre la pena: il cielo scoppiava di colori mentre sfogliava le ultime pagine della notte recitando gli ultimi, vecchi versi.
Da una parte Venere, il mito antico dell'amore, luccicante di passione nel blu più scuro. Dall'altra, una combinazione sfolgorante di giallo che si perde nel rosso e nel rosa, s'aggancia in accostamenti che probabilmente,indossati, non avrebbero lo stesso effetto.
Come sdraiati in fondo al cielo, colori che cambiano all'istante mentre gli occhi ancora spenti e abituati al buio, cercano di sfoderare le scintille che permettono vedere.
In lontananza, poi, il paese sembra una metropoli che si sveglia, le luci finte dei lampioni e delle insegne dei bar s'accendono su ogni cosa che si muove o che resta immota nelle ultime ore di sonno.
Sembra un quadro a metà strada tra quel che è stato e quel che sará, un'aggresione visiva da una parte e, dall'altra, la certezza dell'antico che non ha voce però sì ha potere sulla vita dell'essere umano.
Non cambierei questi momenti per nessun'altra cosa, né queste emozioni per altre perchè...mi sento così piena, come se i colori del mattino tingessero di speranza anche me: non cambierei un'alba per un tramonto, non cambierei il silenzio anche se a volte mi fa sentire addosso il grido della paura.
Non cambierei la mia faccia persa nella luce, quando sento che il sole sta esattamente in quell'angolo nascosto di cielo, quell'angolo che custodisce le sensazioni e i segreti del mondo...no, nessuna di queste cose cambierei, e, in questi momenti precisi, sono persino contenta del posto esatto in cui mi trovo...anche se a volte la fatica della nostalgia mi pesa addosso e non mi fa capire, quasi non mi fa respirare e mi viene voglia di scappare via...
Non si preoccupi chi sa che sto parlando di lei: non scappo di nuovo, qui c'è la mia vita che potrei cambiare soltanto se anche José lo volesse.
Ma lui é diverso: è attaccato alle sue tradizioni, ha paura di doverle sentire e esprimere in un'altra lingua, ha paura di quel che non conosce anche se, a volte, è persino intraprendente e spinto verso quel che non sa.
Qui sta il mio sole, quella Venere che mi aspetta sopra la pineta ogni mattino, quell'uccello strano che nel suo pianto mi saluta, i colori di una tavolozza che ogni volta riesce a conquistarmi e stregarmi...non vado via.
Quindi, buon anno, oggi sono tornata per restare...
Saluti e baci...