mercoledì 25 maggio 2011

Ciuffi d'erba...

Nell'aria vibra l'odore d'erba tagliata. Come un ballo d'ombre non viste, aleggia respirando per dar passo alla sua imprevesibile e casuale vita.
Un odore vive di se stesso e lo alimenta forse il vento vagando qua e lá e raccogliendo nella sua essenza altri profumi.
Forma una scia inconsistente nella gracile gratuitá dell'istante in cui si forma e si compone.
Ma é a volte piú importante di una architettura visibile, di una sembianza tangibile, di un complesso fisico con linee proprie e silhouette: piú forte ed ossessivo perché appartiene alla memoria, a fatti e gesta giá vissute che si intromettono nei pensieri dell'oggi acutizzando il passato.
E quest'odore d'erba, penetrante e pressante, rende l'ambiente bucolico e impalpabile, come impalpabile é il profumo stesso.
Ma quanta forza porta con sé, quanto ardire sfiorando la stessa aria!
E io, che ormai vivo nel circuito globale limitato dal bosco del ricordo, perdo consistenza in questo odore.
Saluti e baci...

L'isola non trovata...

Forse quello che piú mi fa male é la solitudine, quella sensazione giá ormai fisica di non essere visibile, di non essere percepita dagli altri.
Mi sento ferocemente sola, come il ciuffo d'erba cresciuto tra i sassi, come l'ultima goccia d'acqua caduta quando si annaffiano i fiori, quella lacrima che giá non incontra il suo mare e rimane lí, fossilizzandosi nel sale di se stessa per poi sciogliersi, dimenticata.
Ma sola non sono in realtá, c'é gente che mi cerca e che mi vuole bene: quello che sento é soltanto mio, parte di quell'essere sociale che sono e che non riesce a sfogare la sua vera essenza.
Cosí, tra alberi e foglie immote nell'aria di questa tarda primavera, sotto un cielo cosí azzurro da non osare nemmeno sfiorarlo con gli occhi, tra parole d'altri, scommesse sulla vita, si allarga questa sensazione di assoluto isolamento. Un'isola nei prati verdi, ormai lontana persino dal mare, dall'elemento che ha formato i bastioni del mio sentire.
Lontana da una terra forse soltanto immaginata nell'assenza, ma é la mia terra perché io la sento mia. E nonostante difetti difficoltá e bruttezze, é lí dove vorrei essere: passare giorni ascoltando il linguaggio dell'infanzia, le parolacce austere a volte, non certo colorate come qui.
Ma, ormai, é normale per me uscir di casa e non stupirmi di una lingua straniera.
Come invece sí mi scuote e mi fa tremare, ogni volta che ritorno, ascoltare per la strada le mie parole, il mio accento, quel che non c'é piú.
Mi dicono "Non sembri italiana...": magari pensano di farmi un complimento e, a loro vedere, si stanno congratulando del mio parlare.
Ed io, invece, mi sento male, sento allontanarsi le mie radici, le sento strisciare su di me come fossero ormai soltanto ragnatele e non solide dita aggrappate alla terra.
Com'é strana la vita, no? Ho sognato questa terra fin da bambina...sposeró un torero, dicevo; mi sentivo a casa soltando oltrepassando la frontiera e i Pirenei erano i miei sassi, il mio vento; la Costa Brava o del Sol erano il rifugio anelato...
E adesso? Mi chiedo spesso perché non sto bene in nessun posto, perché questa curiositá non costruisce in me, ma distrugge...chissá...
E torno, quindi,a sentirmi sola, come una nuvola che corre corre e non si incontra mai e che invece si scioglie o s'abbandona all'invito confuso della pioggia...e poi scompare...
Saluti e baci...