domenica 21 novembre 2010

Sarà che l’infinito è più vicino a volte di quel che possiamo sospettare, sarà che con un dito si riesce persino a toccarlo se la serenità dell’anima coincide e si congiunge con questo cielo…ma oggi la luna è più vicina di quel che ci si potrebbe aspettare.
È una grossa faccia d’acciaio o, come scrivevo stamattina a Marta, un’ancora lucente lasciata in mezzo al mare, così piena ed estrema, gonfia di luce eterna, un faro che avvisa i naviganti.
Le nuvole sono soltanto graffiature iridescenti, bianche nel buio, soltanto lamine di stupore nella notte quasi finita.

La gioia di scrivere, a volte, inciampa nel foglio bianco.
Chi scrive sa che la pagina immacolata risulta essere come un terreno da seminare, zolle di terra che si lasciano spostare ed educare.
Ma, a volte, il campo si copre d’alabastro, irriducibile e inclemente, anche se malleabile: sarebbe bello riuscire sempre a lavorare la roccia piena di sfumature rosa e costruirne vasi destinati a contenere unguenti ed oli profumati per alleviare dolori e ferite. Non sempre si può.
A volte il campo si copre improvvisamente di neve, fiocchi che cadono lenti come molliche di pane danzanti nella furia della tempesta; piccole dita bianche che corrono sulle corde della terra e decidono per te quale musica suonare; gocce di latte che inzuppano le tue parole e le sciolgono come zucchero.
Altre volte il campo si riempie di erbe sleali che aggrediscono ogni cosa, di gramigna maliziosa che lascia dietro di sé il suo fusto strisciante e selvaggio che amalgama ogni idea.
Altre ancora la pioggia lava via le intuizioni, scende retta, lo schieramento di un esercito mascherato e beffardo che cancella i possibili pensieri.
Quando succede, si rimane vuoti in attesa, in attesa di un qualcosa, di un qualcuno che ti dia una mano e timbri i momenti.
Non è facile stare davanti al foglio bianco: in sé trascina il tutto e il niente.
Allora, la mente saggia firma un trattato e si coalizza, promette fiumi d’inchiostro e parole che incuriosiscono la vanità del bianco, lusinga il vuoto vaporizzando speranze.
Il risultato, a volte, è il componimento, più o meno letterario, ma pur sempre una composizione che, attraversando con le parole le idee, riesce a seminare il campo.

Quando invece, nonostante la certezza del volere, il cratere rimane vuoto nella totale assenza di stimoli, il terreno ti guarda provocante e ride, continua a lasciare che cada la neve, che scenda la pioggia, che la gramigna generi figlie figli e s’impossessi dell‘essenziale.
Quindi, ogni linea che avresti potuto tracciare, ogni parola che avrebbe potuto navigare bagnata di inchiostro verso pensieri potenziali, ogni schizzo di idea che avrebbe potuto creare un concetto, rimane lì, chiusa nella punta della penna o inchiodata alla plastica della tastiera non riuscendo a comporre con l’alfabeto vocaboli, frasi… insomma, una fioritura che valga il prezzo a pagare!
Quando succede, provi a discorrere e ragionare col foglio bianco su come sarebbe se stamattina non avessi idee da condividere!
Saluti e baci... 

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